Tonia Scatigna - poetry

Profumo di Marsiglia


“Profumo di Marsiglia” rappresenta il mio ritorno alle origini, all’odore buono dell’infanzia ed alle fragranze di sole che mi inebriavano quando accompagnavo le mie due zie sul terrazzo del centro storico a stendere il bucato: lenzuola bianche, intrise di candore e di innocenza. Ma il profumo di Marsiglia non è il pretesto per rivivere un passato più bello e più puro di quel che è stato, né il risultato di una ricostruzione nostalgica e struggente, quanto piuttosto una sorta di àncora emotiva a cui aggrapparmi per ripartire. È l’inizio di un nuovo cammino, avventuroso e incerto, che - dopo aver ceduto “Come grano alla falce / …alla caduta” - ho intrapreso con una promessa: “La vita non si accorgerà, stavolta, / di avermi atterrata ancora. / Non morirà la spiga recisa, / diverrà pane, si farà vita”.

Nella conquista delle nuove consapevolezze, tutto viene finalmente affrontato, decifrato e perdonato: “Siamo grovigli da risolvere, /  peccati  da assolvere, / montagne tremule / e rivoli incerti, / sudore e polvere”. Da qui, l’urgenza di cercare strade nuove e sconosciute, nei meandri misteriosi “Dell’amore (e delle sue parvenze)”,  per rintracciare le coordinate “Di Me e del frattempo (astri e disastri)”, di quel quotidiano che è accaduto ed accade nel mentre, senza chiedere il permesso e travolgendomi: “Ed io rimango indietro, / coi piedi ancora piccoli / di quando ero bambina, / scalzi e dolenti adesso / dei troppi sassi, buche e sterpi, / nostalgici di trame ricamate / nella vernice degli occhi di bue. 

”La caparbia volontà di ritrovarmi e ricominciare non poteva che passare attraverso il dolore, “ ...un padre mancato, / …Il vino ed il sangue, / che tinge quel bianco / d'altare tradito, / quel velo da sposa da farci il bucato”, vissuto nelle carni e nell’anima, finalmente libero di attraversarmi con tutte  le lacrime che, da bambina, mi avevano insegnato a trattenere. “Ho provato a rivoltarle dentro, / mi affogavano il cuore, / diventava stretto / e gonfio insieme”.

La voglia di rimettermi in gioco mi ha portata a scoprire dimensioni inaspettate e mai sperimentate prima, parvenze d’amore figlie di quel frattempo avvenuto fuori dalla mia vita: l’ardore virtuale “di un fuoco a tempo”, che nasce e si consuma senza mai essere vissuto davvero; e, ancora, le passioni  che si nutrono solo di carne e di cui avverto la necessità di verificare il senso: “Il cuore si ribella / a questo freddo, / i piedi / inchiodati  al  pavimento… / Dovrei scappare via, / tornare al mio profumo / di Marsiglia. / Mi sfido. / Da troppo tempo / aspetto una carezza.”

Ma se, da un lato, sembra che la realtà delle  relazioni sia liquida e - per quanto mi sforzi - fatico ancora a comprenderne l’utilità ed il senso, dall’altro, non posso negare l’idea fondamentale di me e della donna che sono sempre stata; credo ancora nella profondità dei sentimenti e spero in un amore, incondizionato e semplice “...come il caffè al mattino, / la finestra socchiusa, / i panni ad asciugare. / Che insieme fosse gioia / e una fiera di paese, / la neve di domenica, / il pranzo di Natale.../ vorrei che fossi pane, / non briciole, ma pane, / che ormai non mi accontento / e so di esser donna, non

formica. / E chiedo intero pane. / E cerco il giusto amore.”

La vita, però, è sempre pronta a sorprenderci con l’ennesimo “frattempo”, mai come adesso inaspettato e sconcertante; stravolge programmi, sogni e bisogni, costringendoci “…ai saluti da lontano, / col braccio a misurare / la distanza, / agli abbracci col pensiero, / allo starnuto / dentro al gomito...”, impedendoci di vivere e tenendoci “Dentro casa / a fermare effetti, / a proteggere  affetti / e polmoni sconosciuti, / fratelli d'occorrenza”.

Questa sospensione delle nostre esistenze mi consente di cogliere un’altra occasione, perché “Nella distanza delle carni / scopriamo l'altra, / che ne eravamo ciechi, / dei cuori / quando ci camminavamo / accanto, / mano nella mano / senza appartenerci”, portandomi a nutrire la speranza di riappropriarmi, dopo tutto questo, del senso più autentico della vita e delle relazioni umane.

E non mi resta che coltivare il sogno di un domani migliore, da assaporare con il gusto che ho finalmente ritrovato.

“E sarà gioia / il sole su una spiaggia, / la sabbia calda / ad asciugarci il freddo, / e respirarci / fronte contro fronte, / ...Si farà morso / quel bacio / che ci ha tanto attesi”.

E “...se di nuovo / perderò la strada, / mi basterà chiudere gli occhi / e respirare, / cercarmi dentro / il senso, / l'innocenza. / Tornare… / al mio profumo di Marsiglia”.


Tonia Scatigna


Senza Rumore


È quasi impossibile, per me, trovare un unico filo conduttore in questa raccolta, che si snoda lungo la trama - sempre intricata e sorprendente - della vita, muovendo dall’incessante esigenza di decifrarne gli enigmi, svelarne le contraddizioni, comprenderne i moniti.

Tutto è comunque riconducibile all’Amore, che della vita costituisce l’essenza indiscussa e indiscutibile.

L’amore negato, tradito, violato è la mia ferita di bambina senza padre, che si rinnova ad ogni delusione adulta e cerca cura, conforto, accudimento; che, ancora oggi - alla soglia del mezzo secolo di stagioni già passate - essuda quel «... sangue / che mi tengo nelle vene / con quella traccia di talassemia, / eredità balorda, / unica e sola, / il marchio a fuoco, / l’impronta senza nome».

«Il maschio alfa / della vita mia / è un alfa privativo, / una mancanza / un buco nero, / un’ansia, / uno scompenso, / il vuoto, / il nulla, / la mia carestia».

Orfana di un riferimento tanto importante per esplorare l’altra metà del cielo, mi sono ritrovata tante volte a vagare senza una bussola - in bilico perenne tra il desiderio di sentirmi amata ed il timore di una nuova ed insanabile ferita - alla ricerca di una stabilità affettiva che inseguivo e da cui contemporaneamente fuggivo; di un abbraccio che sapesse stringermi ma non costringermi, calibrare la misura, cercare «... quell’equilibrio instabile / prima dell’apnea», donarmi «... la tenerezza / del bacio sulla fronte, / termometro di madre / per le febbri che verranno».

Un solo punto fermo, un obiettivo irrinunciabile: «... scaldarmi in un abbraccio /senza negar me stessa»!

La ricerca e l’incontro, consapevole e adulto, con l’altro sesso non poteva prescindere dalla conoscenza più profonda del mio animo, della donna che sono diventata, «nata da un errore / (e non so porvi rimedio), / da una crepa /dentro al muro, / come fossi un fiore».

«La penna dei giorni, / che firma / e non ferma, / scivola appunti / sui calendari, / marcando la pelle / con false partenze / e mancati ritorni, / porte sbattute / e carezze seccate, / spaccate, / come i pomodori / sul terrazzo di casa / d’estate /... / E i conti che tornano / col resto di uno: / delle volte / che sono caduta, / ce n’è una di più / che mi sonorialzata».

E non poteva che passare anche per l’accettazione di quello che non può essere, che non può accadere, attraverso la conquista di una nuova consapevolezza: le relazioni sinutrono di reciprocità.

«Cosa ricorderò / di quel che non è stato? / Che non sei tu le foto, / il pranzo di Natale / il primo batticuore, / la rosa da seccare».

«La testa mi urla / che menti, / tormenti / e non c’eri, / che ancora la sento l’assenza. / ... / Mi lascio, / stavolta mi lascio, / non faccio, / non sento più niente. / ... / Mi pento, / mi sciolgo, / mi arrendo. / Per oggi / non può farmi male, / la vita». «Ed altro non potrai / che piangerti sui piedi / e andare via».

Tuttavia, la mia visione dell’Amore - tanto desiderato, vagheggiato, voluto - non somiglia affatto ad un porto d’attracco sicuro e rassicurante, bensì a un doppio di coppia, ideale per domare in due le rapide turbolente della vita senza rinunciare a passioni e desideri, ed - anzi! - alimentando a vicenda l’uno quelle dell’altro, in un reciproco cercarsi oltre nuovi orizzonti e prospettive.

Carne ed anima: entrambe indispensabili nella costruzione di un rapporto amoroso, perché di anima e di carne siamo fatti, tutti!

E non c’è da vergognarsene! L’ho imparato anch’io, a dispetto dell’educazione ad un insano senso di colpa.

«Eno,chenonstabene!/Enonsifa!/.../Ch’io mi presenti adesso / a casa tua, / mi infili nel tuo letto / di traverso / e solo per il gusto di vedere / se sui miei fianchi / troverai l’Incastro. / ... / Che ritornata dopo sulla terra / mi astenga io dal ruolo di sedotta, / non finga la speranza del / “per sempre” / e me ne vada senza una promessa. / Che imbocchi quella porta / all’incontrario / sapendo non aver altro da fare / se non serbarmi / ancora un po’ l’odore, / l’amalgama / tra il tuo sudore e il mio...».

Non è detto, però, che l’Amore arrivi come una tempesta impetuosa e irruenta; talvolta gioca d’astuzia, ti seduce inavvertitamente, come una distrazione impercettibile, senza bussare, SENZA RUMORE.

«E quando te ne accorgi, / già si è fatto musica».

E così, in una sera qualunque ti ritrovi a lasciare il cuore da qualche parte, in mano a qualcun altro, a dimenticarlo lì, accanto allo spazzolino da denti o al caricabatterie del cellulare; e ti sorprendi a pensare: «Guido / verso casa, / ma non so più / se casa è dove torno /o da dove m’allontano».

Lo vivi diversamente, l’amore maturo! Giorno per giorno, come un dono inestimabile, lo ritrovi nelle piccole cose della quotidianità: «Prova a scovarlo / dove non ti aspetti, / sul treno delle 17,05 / con la fermata esatta / sulla gioia, / tra il pane e le coperte / per il freddo, / nelle pietanze povere di sale / che mangio volentieri pure io / per abbassare la pressione tua».

Ciò non vuol dire, comunque, che esso non sia fatto di anima e carne, di passione e tormento, di sospiri ed apnee.

«Saranno le carezze dei tuoi occhi, / le mani / che mi sfiorano la schiena / e l’aria che mi infondi / coi tuoi baci, / il fiato corto / che ti voglio adesso... / Sarà questa / la cura, / la medicina, / la mia guarigione? / E dimmi -se lo sai!- / sarà questo, /l’amore?»

«Desiderarti / nel cuore della notte, / col sonno che si asciuga / come gocce di rugiada / sugli ardori della pelle /... / Venti e tempeste / percorrono le vene, / le mie pupille alla deriva / tra galassie sconosciute... Tutto il pensabile / sussulta / nel ventre mio, / che si squarcia / d’attesa».

Nulla è dovuto! Nulla è scontato!

È un bene da nutrire, accogliere, proteggere, smussando gli angoli, sciogliendo i nodi, perché «Siamo fatti a spigoli / e ci inciampiamo addosso / di continuo, / a volte piano, / altre più forte. / L’amore, allora, / è solo quel cercare il fianco liscio, da combaciare a lungo...»

Del resto, «Nessuno ha mai promesso / sarebbe stato facile / tenersi, trattenersi, / baciarsi con le mani. / Son belle / le distanze da colmare, / gli spazi che ruggiscono, / le lacrime che seccano / ... / Voltarsi un po’ di spalle / per ingoiare / un’altra verità, / pensare di andar via, / sorprendersi a morire/ ...e perdonarsi / per tornare a vivere».

Tutto questo, nelle mie poesie: fotogrammi di vita vissuta, istantanee d’istanti sottratte alla scure del tempo.

È il modo migliore che conosco per far sì «...che non accada / che io non lasci tracce / in questo mondo, / strappando con le mani / un po’ d’eterno, / forgiando amore / che mi resti dietro, /mi sopravviva / all’ultimo respiro».


Tonia Scatigna